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Intervista de Il Tempo a Lorenzo Cesa: "Finita l'era delle carte bollate. Riportiamo al voto i delusi"

Parla il segretario dell’Udc «Con lo scudo crociato gli italiani stavano meglio»
Post democristiani e democristiani granitici nonostante gli anni di diaspore, bufere e battaglie giudiziarie per l’eredità. Ora si sono ritrovati, in un contenitore che sarà alleato di Berlusconi. Il Tempo ne ha parlato con Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc.
Quant’è stato difficile riunire tutte queste anime Dc?
«Se c’è buona volontà, nulla è difficile. Si tratta di avere rispetto per ciascuna delle storie che le anime della De si portano dietro. Tutte queste “anime” – come le ha definite Lei giustamente – hanno una radice comune nei valori dello Scudo crociato».
È finito il tempo delle carte bollate?
«La politica perde quando sono i giudici a doversi esprimere su fenomeni di natura politica».
Come si chiamerà la vostra aggregazione?
«Non è un problema di nomi ma di certo si richiamerà ai valori dei cattolici democratici impegnati in politica».
Avrete il simbolo Dc sulla scheda?
«Lo Scudo crociato, com’è noto, è parte significativa della storia dei democratici cristiani».
L’Udc sembrava in procinto di entrare nella quarta gamba, poi arriva questo nuovo contenitore. Cos’è accaduto?
«Guardi, abbiamo detto fin da subito che non ci piace e non ci convince la definizione di terza, quarta o quinta gamba. Noi aspiriamo a essere l’ala democristiana del centrodestra e siamo allo stesso tempo aperti al contributo di esponenti appartenenti al mondo liberale. Non dobbiamo chiuderà in un recinto, al contrario dobbiamo coinvolgere persone appartenenti al mondo delle professioni e al mondo dell’associazionismo cattolico».
Perché neanche con Stefano Parisi si riusciti a giungere ad un accordo?
«Con Parisi stiamo approfondendo gli aspetti programmatici ma sin d’ora le posso dire che c’è una convergenza su alcuni punti come i temi economici».
Quanto è stato importante il vostro risultato in Sicilia per formare questo nuovo contenitore?
«Non partirei dalla Sicilia ma da più lontano, dal nostro fermo e convinto No al referendum di Renzi del 4 Dicembre. Abbiamo intercettato un elettorato che disilluso dalla politica dei tweet e delle slide non si sarebbe recato alle urne. Questo ci ha premiato con quasi 140.000 voti alle elezioni regionali in Sicilia».
Verosimilmente a quale percentuale di consenso potreste arrivare?
«Non faccio profezie ma dico semplicemente che bisogna avere il linguaggio della chiarezza, coerenza in termini di valori e concretezza. Partiamo dalla chiarezza: stiamo nella metà campo del Ppe; siamo coerenti con i principi della Dottrina sociale della Chiesa dove l’uomo e la sua famiglia sono al centro dell’ordinamento economico e sociale. E siamo uomini concreti. Per noi, come ci insegna De Gasperi, “la politica è realizzare”».
Che potenziale ha u simbolo dello scudo crociato sul piano elettorale?
«Ritengo che del 50% di italiani che non si recano alle urne, una buona parte possa essere motivata nel votare lo Scudo crociato e nell’aderire a proposte politiche di buon senso, nel segno della concretezza e dei valori. E posso aggiungere che siamo radicati a livello territoriale da Nord a Sud. Non contano i sondaggi, si immagini che m Sicilia ci davano all’l,7%… Contano i voti reali, come quelli presi a Gorizia (5,6%) ed Alessandria (6%)».
Nel vostro progetto compaiono nomi come Mario Tassone, Giuseppe Gargani ed Alberto Alessi. C’è una «vecchia guardia» che si ripropone?
«Non si tratta di riproporsi ma di attingere a quel bagaglio di esperienze di uomini che hanno contribuito a costruire la Democrazia cristiana in questo Paese. Un contributo generoso, mosso solo da una passione politica e privo di interessi personali».
Qual è la contropartita per stare nel centrodestra? Chiederete un ministero?
«Parliamo di politica e non di contro-partite. A noi interessa sostenere la famiglia, sostenere la maternità, garantire il diritto alla formazione delle nuove generazioni, dare dignità all’uomo attraverso il lavoro, salvaguardare chi lavora nelle amministrazioni pubbliche perché troppo spesso si cade nella trappola della generalizzazione, nella trappola narrativa dei “fannulloni” e non si da spazio al merito».
Un contenitore di centro sta prendendo forma anche nell’alleanza con il Pd. Perché scegliere voi e non loro?
«E un fatto di coerenza, di appartenenze a famiglie politiche alternative tra loro. Chi fino a ieri rivendicava l’appartenenza al Partito popolare europeo non può giocare nell’altra metà campo, conii centrosinistra. È semplicemente contro-natura».
Non si riuscirà mai ad arrivare a un contenitore unico che metta fine alla diaspora?
«Per poterlo fare bisogna innanzitutto essere coerenti con la propria storia politica, le proprie tradizioni e i propri valori. Poi però mi consenta una battuta… ma perché, non si stava meglio con la Democrazia cristiana? Quando a ciascuno veniva garantita la crescita sodale, promuovendo lo sviluppo e la prosperità ma in un’ottica di inclusione sociale e ci si prendeva cura di tutti».
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