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“Il mio Centro arriverà al 10% e farà vincere il centrodestra” – Intervista de Il Tempo a Lorenzo Cesa
Il segretario dell’Udc Cesa: «Il punto di partenza sarà la comune appartenenza al Ppe»
Un’iniziativa per convogliare tutte le forze di centro in un unico progetto è urgente e necessaria. E io partirò a gennaio con un percorso per questo obiettivo». Lorenzo Cesa, Segretario Udc, in un colloquio con il Tempo ragiona su un tema molto dibattuto quanto difficile, ossia un rassemblement dell’area moderata, oggi rappresentata da tanti movimenti divisi.
Che succede a gennaio, Segretario?
«Metterò in piedi una convention, “Le ragioni del centro”, perché queste ragioni sono valide e solide. Occorre tradurle in un progetto politico dove tutti i partiti che condividono i valori popolari devono ritrovarsi. Il punto di partenza è il comune riferimento al Ppe».
Interlocutori?
«Forza Italia, Coraggio Italia di Toti e Brugnaro, Noi con l’Italia. Possiamo tornare a dare rappresentanza ad un mondo che oggi non trova più punti di riferimento e sceglie l’astensione».
Ampliamo il perimetro. Possono essere interlocutori anche Mastella, da poco tornato sulla scena con un suo movimento, Renzi, Calenda?
«Clemente assolutamente sì. Peraltro la sua signora, Sandra Lonardo, è stata eletta al Senato con il centrodestra .Calenda mi pare che sia più orientato verso il centrosinistra. Quanto a Renzi, è lui che deve fare una scelta, e secondo me il nostro progetto sarebbe più congeniale al suo messaggio politico di oggi garantista, per una minore pressione fiscale, minore burocrazia».
A quanto si può fissare l’asticella di un progetto del genere?
«Politicamente molto in alto. Qui si tratta di far riappassionare alla politica persone che oggi si sono allontanate. Sul piano dei numeri, credo si possa arrivare ben oltre il 10% ed essere davvero decisivi per la vittoria del centrodestra nel 2023».
Però gran parte delle forze politiche che lei cita, se escludiamo Forza Italia e l’Udc, sono tutte originate da separazioni. Non si rischia un agglomerato di scissionisti?
«È una domanda molto logica, questa. E rispondo che sta a noi far sì che ciò non avvenga. Qui bisogna lanciare una cosa completamente nuova, con una classe dirigente nuova legittimata da democrazia interna. E soprattutto non bi-sogna limitarsi ai partiti, ma è necessario andare a confrontarsi anche con quell’universo di associazioni e movimenti civici sparso sul territorio. Io sto lavorando ogni giorno su questo».
Ecco, ricorda il progetto «L’altra Italia»?
«Sì, il contenitore oltre i partiti che Berlusconi aveva in animo di lanciare. Un progetto poi abbandonato, ma che va ripreso».
Gennaio è anche il mese in cui comincerà la partita del Quirinale.
«E io ho invocato piena compattezza per il centrodestra e continuo a farlo. Tutte le forze della coalizione devono soste-nere Silvio Berlusconi, convintamente e con massima coesione, perché oggi ci sono i numeri per poter essere determinanti».
Da sinistra, però, dicono che Berlusconi sia divisivo e in parecchi auspicano sia necessario un accordo il più largo possibile sul nome.
«Mi pare che Berlusconi negli ultimi anni si sia posto molto al di sopra di quello schema conflittuale che lo ha riguardato per ben due decenni. E poi questa cosa della larga maggioranza mi sembra un alibi. Ci sono stati Presidenti della Repubblica eletti senza largo margine che hanno dimostra-to doti di totale equilibrio e garanzia per tutte le forze politiche».
E se invece dovesse essere Draghi? Secondo lei la legislatura sopravvive?
«Dubito che senza Draghi a Palazzo Chigi la legislatura possa andare avanti».
Lei parla di centrodestra, di coalizione. Quindi sposa una logica maggioritaria?
«Io sono per un proporzionale con la preferenze, e soglia di sbarramento non altissima, ma ragionevole, per garantire la più ampia rappresentanza. Però qui bisogna sfatare un falso mito: proporzionale non significa necessariamente che poi si decide di volta in volta con chi stare. C’è il modello per le elezioni regionali o comunali che comunque garantisce una logica di coalizione».
Siamo sotto manovra. Che idea si è fatto?
«Ci sono dei contenuti positivi, penso al taglio delle tasse, all’assegno unico. Però il metodo, purtroppo, ha lasciato un cantiere aperto all’assalto degli emendamenti. Specie da parte del Pd. Però la politica economica di questo Paese ha bisogno di attenzione co-stante: occorre garantire la messa a terra del Pnrr, dare attenzione a partite Iva e autonomi, i più danneggiati dal Covid. E migliorare le dinamiche del rapporto tra lavoratori e impresa. Per questo il nostro progetto può avere ampi spazi di manovra sul piano programmatico».
Intervista di PIETRO DI LEO per IL TEMPO