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Consiglio Nazionale Udc. L’Intervento del segretario nazionale Udc Lorenzo Cesa

Nel nostro Paese, la pandemia ha portato ad una nuova devastante crisi economica con una probabile flessione del PIL intorno al 10%, con 1 azienda su 3 a rischio fallimento entro la fine dell’anno, con una perdita, tra febbraio e giugno, di 600 mila posti di lavoro e 900 mila inattivi in più, nonostante la proroga della cassa integrazione, del blocco dei licenziamenti e malgrado le assicurazioni del Ministro Gualtieri che nei primi giorni di emergenza sanitaria promise che nessuno avrebbe perso il lavoro a causa del coronavirus.
L’OCSE stima per l’anno in corso un calo superiore al 15% delle esportazioni italiane, che da sole valgono il 32% del Pil (570 miliardi), mentre l’Enit (Ente nazionale del turismo) calcola per il settore turistico, che vale il 15% del Pil 3,5 milioni di occupati e con la previsione di una ripresa non prima del 2023.
Ed è paradossale che per affrontare questa situazione per Cultura e Turismo il Governo abbia stanziato solo 3 miliardi di euro e solo 9 per la Sanità.
Finora il Governo Conte ha messo in circolo, sia pur con normative scritte male, superficiali, contraddittorie ed a volte con qualche più che fondato dubbio di legittimità costituzionale, circa 75 miliardi di euro, tutti in DEFICIT. Soldi non ancora arrivati a tutti e talvolta nemmeno a molti; i finanziamenti alle aziende pasticciati e tutti scioccamente utilizzati tramite il sistema bancario che è strutturalmente inefficiente.
Il sostegno generalizzato al reddito ed i cosiddetti interventi a pioggia possono trovare una loro giustificazione nell’immediato, ma non appena superata l’emergenza dovranno essere abbandonati per attuare una politica economica indirizzata a sostenere, da una parte, gli investimenti pubblici rispetto alla spesa corrente, dall’altra, la competitività e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Certo né il reddito di cittadinanza, né i navigator od i bonus monopattini vanno in questa direzione.
Quando ritorneremo a dover rispettare le regole del Patto di stabilità ci ritroveremo con un debito pubblico elevatissimo, intorno al 160%, il cui sostegno richiederebbe un avanzo primario tra il 2,3% ed il 2,6%, obiettivo difficilissimo da raggiungere.
Una politica fiscale espansiva sarà necessaria ancora a lungo ma occorre programmare fin da ora la futura strategia di rientro che non potrà prescindere,a nostro avviso, da una concreta collaborazione e da una fattiva solidarietà dell’Europa. Parlare di questo può essere costoso dal punto di vista elettorale, ma la demagogia ha un costo maggiore; un costo che, alla fine, pagheremo tutti.
La scelta operata dopo la seconda guerra mondiale dalla classe politica italiana di legare strettamente il Paese ad un processo di integrazione continentale, è stata una scelta strategicamente giusta allora e ancor di più oggi.
Siamo convinti che in un mondo ormai globalizzato quella di un’Europa più forte e solidale sia l’unica via percorribile per attuare un Piano strategico di crescita e sviluppo dei Popoli che ne fanno parte, basato sull’armonizzazione fiscale, su una comune politica migratoria, su una comune politica di solidarietà finanziaria, su una comune politica degli investimenti e sul varo di un comune piano del Green Deal (Europa-Gutierrez).
Senza l’Unione Europea, l’Italia sarebbe molto più fragile ed esposta a rischi economici e politici enormi; ed anche l’Europa, senza l’Italia, sarebbe decisamente meno ricca, meno forte.
L’Italia senza l’Europa non avrebbe a disposizione 209 miliardi di euro attraverso il recovery fund da investire, fondamentali per il rilancio del nostro Paese (MES + FONDI ORDINARI – 400 miliardi).
L’Italia farebbe volentieri a meno, però, di un governo che di fronte a questa grande opportunità invece che aprire un grande dibattito pubblico in Parlamento, coinvolgendo maggioranza, opposizione e tutte le forze sociali e le energie vitali del Paese sulle scelte strategiche da fare, sceglie percorsi opachi rinchiudendosi dentro le segrete stanze con il favore delle tenebre, ed esautorando di fatto il Parlamento e la sua stessa maggioranza.
Tutto questo di fronte ad un Paese in ginocchio e ad una crisi sociale che sta minando le fondamenta della sua stessa coesione.
Un documento della Caritas afferma che dall’inizio dell’anno ad aprile sono raddoppiati nei suoi centri l’afflusso alle sue mense, la distribuzione di cibo e vestiti, il sostegno alle spese per servizi e medicine.
Un rapporto della Coldiretti stima che nei primi due mesi di chiusura, i nuovi poveri sono ormai più di un milione; tra questi tanti – troppi – piccoli commercianti ed artigiani che hanno dovuto chiudere le proprie attività, e tutte quelle persone che vivono del sommerso.
L’Istat, nel suo rapporto 2020 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, stima al 27 % le persone a rischio povertà od esclusione sociale.
E’ evidente che il lungo ristagno dell’economia, cominciato con la crisi del 2008, e la pandemia hanno sviluppato un ulteriore fase di disuguaglianza sociale con un progressivo ridimensionamento del sistema di welfare state sotto la spinta delle logiche di mercato e dei paradigmi di un economia post-industriale.
Nel nostro Paese la crisi economica, le disuguaglianze sociali, i flussi migratori, le questioni del clima e dell’ambiente, richiedono una Politica nuova, capace di dare soluzioni a questi problemi, di dare voce e rappresentanza ad ampi strati della società italiana; in particolare al cosiddetto ceto medio, distrutto dalle politiche sbagliate messe in campo anche dai governi precedenti.
Crediamo che oggi vi siano le condizioni per dar vita ad una nuova fase.
Ad una fase in cui l’UDC, per quanto piccola, possa mettere con generosità a fattor comune la propria piattaforma valoriale, organizzativa ed esperienziale per contribuire a costruire un soggetto politico in grado di ampliare, rafforzare e riunire la rappresentanza di tutti coloro che si riconoscono nella dimensione del pensiero cattolico, democratico, riformista e liberale; di qual mondo ambientalista che si richiama al magistero della Chiesa, ed in particolare all’Enciclica “Laudato Sii” .
Per dar vita ad un nuovo soggetto politico che deve avere l’ambizione di far rinascere e sviluppare il nostro Paese attraverso un progetto economico forte e credibile che superi le contraddizioni e le spinte populiste e irrazionali di una politica legata solo al contingente, che reintroduca quei principi fondamentali di uguaglianza e giustizia sociale messi in crisi dalla globalizzazione e dal predominio della finanza sull’economia reale.
Un nuovo soggetto politico che si deve rivolgere in particolare a quel 20% di elettorato che si è allontanato progressivamente dalla politica e si è rifugiato nell’astensionismo; un elettorato composto da persone razionali, colte, appartenenti a quello strato della società italiana che vive grazie alla propria capacità di impresa, alla professionalizzazione nei settori del terziario e dei servizi.
Un nuovo soggetto politico che presti attenzione anche alle esigenze della classe operaia, che rappresenta il fulcro del settore manifatturiero, ed a quelle del cosiddetto “popolo delle partite Iva” con 3 milioni di persone: più del 15% della popolazione attiva !
Queste persone non sono rappresentate, pochi ascoltano le loro richieste, nessuno ne valorizza il ruolo.
La difficile situazione del Paese e l’incapacità dell’attuale politica a progettare il futuro ci impone di aprire una fase nuova, un cammino che vogliamo percorrere insieme a tutti coloro che, condividendone i valori, hanno a cuore le sorti della nazione, dell’unità europea e delle giovani generazioni.
In questi anni, noi dell’UDC siamo sempre rimasti ancorati a quei principi di coerenza, di amore per l’Italia, di appartenenza all’area culturale dei Democatico – Cristiani che hanno contraddistinto la nostra Storia, e la cui eredità rivendichiamo con orgoglio. A volte ci siamo sentiti soli, ma questo non ha mai fatto venire meno la nostra determinazione, il rapporto con la nostra gente, la volontà di contribuire a far crescere e sviluppare il nostro Paese.
E’, tuttavia, giunto il momento di intraprendere un nuovo percorso che, senza rinnegare nulla del nostro passato, che – lo ripetiamo – rivendichiamo con forza, possa consentirci di proporre all’Italia un nuovo soggetto politico che sia in grado di riempire un vuoto mobilitando l’elettorato con programmi credibili, con la consapevolezza che problemi complessi non possono essere risolti con slogan, ma solo con competenza e serietà.
Un nuovo soggetto politico con una classe dirigente competente, seria, attrezzata professionalmente, desiderosa di porsi al servizio generale dell’Italia e della comune Patria europea.
Con una classe dirigente selezionata attraverso una legge elettorale proporzionale e con le preferenze, per riconsegnare ai cittadini il diritto/dovere di scegliersi i propri rappresentanti.
Ci rivolgiamo a tutte le forze sociali, ai corpi intermedi, all’associazionismo, ai movimenti politici, a tutti coloro che rivendicano con forza il loro diritto a partecipare alla determinazione degli indirizzi di governo della nazione, a tutti gli “uomini liberi e forti” di oggi per invitarli ad essere nostri compagni di strada in questo percorso; ad impegnarsi, tutti insieme, per restituire un futuro degno di essere vissuto a noi e, soprattutto, ai nostri figli e nipoti.
La crisi è devastante, ed è facile indulgere al pessimismo, ma noi abbiamo il dovere di impegnarci per superarla.
Non ci rassegniamo ad un futuro declinante; la nostra non è una terra senza speranza e senza un domani, ma lo è solo se saremo capaci di ritrovarci con, entusiasmo, tutti insieme, mettendo da parte egoismi particolaristici ed esaltando ciò che ci unisce.
A conclusione del mio intervento consentitemi di svolgere alcune riflessioni personali.
Sono Segretario Nazionale del Partito dal 2005. In questo periodo ognuno di noi ha fatto del suo meglio per difendere i nostri valori.
Dobbiamo tuttavia prendere atto che il mondo è cambiato e che se vogliamo tornare ad essere protagonisti dobbiamo aprirci con generosità, e senza riserve di alcun tipo, a tutti coloro che vorranno con passione condividere il nostro progetto.
Ecco perché come ho più volte ribadito nel corso della mia relazione, dobbiamo avere il coraggio di aprirci ad una nuova stagione. CHIEDO quindi al Consiglio Nazionale di convocare per la prossima primavera, compatibilmente con l’evolversi della situazione sanitaria, il Congresso Nazionale. Sempre a causa della situazione pandemica CHIEDO inoltre al Consiglio Nazionale di delegare al Segretario ed alla Direzione Nazionale la nomina di una Commissione di Garanzia Congressuale cui sarà affidato il compito di redigere il Regolamento Congressuale ed il relativo Regolamento per il Tesseramento, aperta a tutti coloro che vorranno fare loro la nostra scommessa.
La sfida che oggi dobbiamo decidere di affrontare è ardua ma, se lo vorremo, insieme la vinceremo.
Vi ringrazio

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